23/2024

DECISIONE 23/2024

Costituisce violazione degli articoli 4, primo e secondo comma, 9 primo comma, 30 primo e secondo comma e 31 primo comma del Codice Deontologico Forense il comportamento dell’Avvocato il quale, avendo il possesso di somma riscossa a titolo di difensore di una Parte nell’ambito di un procedimento giurisdizionale, si appropria indebitamente della stessa e rifiuta di farla avere al proprio cliente, con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera.

La mancata restituzione di denaro indebitamente trattenuto ha natura di illecito permanente: per quanto attiene al dies a quo per il computo della prescrizione, soccorre il costante insegnamento della giurisprudenza di questo Consiglio (per tutte: CNF 74/2020) e di legittimità (Cass. Civ. SS.UU. n. 13379/2016), per il quale la decorrenza del termine prescrizionale ha inizio dalla data della commissione del fatto in caso di violazioni di carattere istantaneo (id est violazioni che si consumano o si esauriscono al momento stesso in cui vengono realizzate) e da quella della cessazione della condotta nel caso in cui le stesse risultino integrate da condotte protrattesi e mantenute nel tempo (illeciti c.d. permanenti o continuati). Orbene, nel caso che ci occupa è indubitabile che la mancata restituzione del denaro ricevuto dall’incolpato, e non impiegato per le finalità per le quali era stato consegnato, integri un illecito permanente. In proposito, ex pluribus: CNF n. 51/2020, che recita: L’appropriazione sine titulo ovvero la mancata restituzione di somme di competenza delle parti assistite sono comportamenti suscettibili di produrre effetti illecitamente pregiudizievoli che si protraggono nel tempo fintantoché non venga a cessazione la stessa condotta indebitamente appropriativa, ed è solo da tale (eventuale) cessazione che inizia a decorrere la prescrizione dell’azione disciplinare” (C.N.F. decisione n. 205/2021).

Costituisce violazione dell’articolo 33 del Codice Deontologico Forense il comportamento dell’Avvocato il quale non ottempera alla richiesta avanzata dal cliente a mezzo del nuovo difensore di restituzione della documentazione di cui era in possesso, relativamente alla causa patrocinata per conto del cliente medesimo ed è irrilevante il riferimento operato dall’incolpato al fatto di non avere in studio alcun “originale”, atteso che tra gli obblighi previsti dall’articolo 33 del Codice Deontologico Forense vi è anche quello di consegnare copia di tutti gli atti e documenti anche provenienti da terzi, che riguardino il mandato e l’esecuzione dello stesso.

E’ suscettibile di valutazione disciplinare il comportamento dell’Avvocato che, in violazione dell’articolo 29, 8° comma del Codice Deontologico Forense, abbia richiesto e percepito rimborsi spese da cliente nel periodo in cui quest’ultimo risultava ammesso al patrocinio a spese dello Stato (nel caso di specie il fatto contestato all’incolpato non è risultato dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio).

Costituisce violazione degli articoli 9 e 29, comma 4 del Codice Deontologico Forense il comportamento dell’Avvocato il quale ha chiesto al proprio assistito per l’attività professionale svolta, così come specificata nell’istanza di congruità presentata al Consiglio dell’ordine degli Avvocati, un compenso manifestamente sproporzionato rispetto alla reale consistenza ed all’effettiva valenza dell’attività professionale espletata.

Costituisce violazione degli articoli 9, comma, 19, 41, 1° comma, 42, 2* comma, 52, 1° comma, 63, 1° comma, 64, commi 1° e 2°, 65, 1° comma, 71, 1° comma, del Codice Deontologico Forense, il comportamento dell’Avvocato il quale, a fronte di contratto di fornitura ed installazione di serramenti esterni ed interni, porte, mobilio ed arredo di varia natura relativo ad un immobile nella sua disponibilità, subisce l’emissione e la notifica di decreto ingiuntivo, non opposto e divenuto esecutivo, nonché la notifica di atto di precetto; non provvede al puntuale adempimento del finanziamento erogatogli per l’acquisto di un’autovettura e non provvede, successivamente, alla restituzione del prestito, subendo l’emissione e la notifica di decreto ingiuntivo, nonché, ancora, non onora accordo a saldo e stralcio negoziato con il creditore e, risolto detto contratto transattivo a causa del suo inadempimento, non provvede al pagamento dell’intero importo residuo intimato, subendo dapprima la notifica di atto di precetto e, poi, azione esecutiva a mezzo pignoramento presso terzi così gravemente compromettendo la dignità della professione forense e l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato al rispetto dei propri doveri professionali; utilizza espressioni offensive o sconvenienti nonché minaccia azioni spropositate e vessatorie nelle comunicazioni inviate all’Avvocato  patrono del creditore; si mette in contatto diretto con la controparte che sapeva essere assistita dal collega avvocato ed esprime apprezzamenti denigratori sull’attività professionale del collega; formula esposto depositato presso il COA nei confronti dell’Avvocato patrono del creditore compiendo affermazioni non veritiere, giungendo sulla base di tali non veritiere affermazioni a richiedere anche la sospensione cautelare dall’esercizio della professione del collega.

Commette e consuma illecito deontologico l’Avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò indipendentemente dalla natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura deontologica, oltre che di natura giuridica, è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato al rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall’inadempimento si riflette sulla reputazione della professione ma ancor più sull’immagine della classe forense. E ancora più grave risulta l’illecito deontologico nel caso in cui il professionista, non adempiendoad obbligazioni titolate, giunga a subire protesti, sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, considerato che l’immagine dell’avvocato risulta in tal modo compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto quali giudici ed ufficiali giudiziari.

Costituisce violazione degli articoli 9, primo comma, 13 e 28, primo e secondo comma del Codice Deontologico Forense, il comportamento dell’Avvocato il quale rende informazioni a terzi relative a proprio cliente apprese in dipendenza del mandato ricevuto, divulgando un dato sensibile relativo alla salute dello stesso senza che un tanto risulti correlato ad esigenze difensive o ad una delle altre ipotesi derogatorie di cui all’articolo 28, 4° comma, del Codice Deontologico Forense.

Costituisce violazione degli articoli 9, primo comma, e 66, 1° comma del Codice Deontologico Forense, il comportamento dell’Avvocato il quale, successivamente alla notifica operata di decreto ingiuntivo e pedissequo atto di precetto, nonostante la comunicazione di intervenuto pagamento da parte del debitore, provvede alla notifica di atto di pignoramento presso terzi; subordina e quindi provvede all’abbandono dell’azione esecutiva presso terzi solo a seguito del pagamento di ulteriore importo non ricompreso nel titolo esecutivo azionato ed a fronte di altro asserito vantato credito; avvia molteplici procedure nei confronti del debitore, depositando un atto di citazione, non iscritto poi al ruolo, con cui veniva richiesta la revocatoria ex art. 2901 c.c. di negozio, un ricorso ex art. 702 bis cpc, successivamente non notificato, quindi un ricorso per sequestro in corso di causa con successiva dichiarazione di rinuncia agli atti, infine un procedimento per sequestro ante causam dichiarato infondato, così aggravando la situazione del debitore ed obbligandolo ad ulteriori spese anche di difesa.

Costituisce violazione degli articoli 9, primo comma, e 66, 1° comma del Codice Deontologico Forense il comportamento dell’Avvocato il quale pone in essere numerose azioni esecutive con lo stesso titolo, in assenza di effettive ragioni di tutela del proprio credito, tutte procedure esecutive e/o iniziative giudiziali non iscritte a ruolo.

L’assoluta gravità dei fatti, neppure negati dall’incolpato, l’assenza di ogni resipiscenza e la deriva comportamentale di quest’ultimo, che hanno compromesso l’immagine stessa dell’avvocatura agli occhi delle controparti, dei giudici, del personale giudiziario e dei cittadini danneggiati, rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo degli avvocati.

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