Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante ai sensi degli artt. 44, 40 I comma e 38 Codice deontologico previgente (31 I, II e III comma, 27 VI comma e 26 III comma del Codice Deontologico Forense attualmente vigente l’avvocato che:
- non metta immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto della stessa nel corso del mandato professionale;
- trattenga somme ricevute da terzi imputandole a titolo di compenso, nonostante la volontà contraria pattizia assunta con il cliente;
- trattenga somme ricevute da terzi imputandole a titolo di anticipazioni sostenute senza darne avviso al cliente ed in ispregio del patto contrario assunto;
- non informi con la cadenza pattuita il cliente sullo svolgimento del mandato a lui affidato sia in sede stragiudiziale che giudiziale;
- continui ad incassare somme in nome e per conto del cliente in contrasto con il patto intercorso con il cliente stesso.
Nella specie il professionista, pur avendo concluso un contratto con una società (cliente) per il recupero stragiudiziale e/o giudiziale dei relativi crediti che prevedeva espressamente 1) l’autorizzazione ad incassare somme dai soggetti morosi, anche riguardanti le spese legali, e versarle al cliente entro il 15 del mese successivo, il quale cliente poi avrebbe versato al professionista i compensi incassati, 2) l’esonero del cliente da ogni tipo di compenso o rimborso spese se non pagato dal soggetto moroso e 3) l’obbligo di rendicontazione annuale, non provvedeva a rendicontare l’attività svolta, si tratteneva le somme incassate dai soggetti morosi senza metterle a disposizione del cliente e compensava le somme incassate con compensi e rimborsi spese anche riferiti a soggetti morosi non paganti ed infine continuava ad incassare somme, nonostante da una certa data in poi il contratto fosse stato modificato escludendo la possibilità del professionista di incasso di somme in nome e per conto del cliente.
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