Costituisce violazione dell’obbligo fissato dall’art. 68, comma 4, del Codice Deontologico Forense, (L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi), il comportamento dell’avvocato il quale abbia assunto la difesa dell’ex marito, già in precedenza difeso nella separazione consensuale, in una vertenza giudiziale contro la ex moglie per il recupero di spese legali liquidate nel giudizio di divorzio e non corrisposte spontaneamente dalla controparte, oltreché in procedimento finalizzato alla divisione di un immobile indiviso appartenente agli ex coniugi.
La previsione dell’art. 68 del Codice Deontologico Forense costituisce una forma di tutela anticipata rispetto al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto di interessi, non richiedendosi specificatamente l’utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza.
La norma dell’art. 68 del Codice Deontologico Forense non richiede neppure che sia stata espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l’attività nella più ampia definizione di assistenza, per l’integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza essendo sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l’incontro delle volontà seppure su un unico punto degli accordi di separazione o divorzio [“Ai fini della configurabilità dell’illecito di assunzione di incarichi contro una parte già assistita – nella specie dell’art. 51 del precedente codice deontologico forense -, non importa stabilire se sussista o meno la prova del conferimento formale del mandato o dell’assolvimento di un’attività di consulenza, quanto piuttosto se l’avvocato abbia svolto un’attività di assistenza, anche soltanto formale.”(Cassazione civile sez. un. – 20/07/2022, n. 22729)].
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