Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che si rende infedele ai doveri professionali assunti con il proprio assistito, omettendo di dare informazioni in merito allo stato della sua pratica, dando informazioni volutamente errate, non presentandosi alle udienze, proponendo ricorso in Cassazione senza avvisare il proprio assistito (non essendo tra l’altro abilitato al patrocinio davanti alle magistrature superiori) ed informando l’assistito dell’esito del procedimento solo quando quest’ultimo si è definito con condanna diventata definitiva.
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che apponga la firma del proprio cliente sull’atto di nomina a difensore di fiducia nel giudizio davanti alla Corte di Cassazione (commettendo anche il reato di cui all’art. 481 CP).
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che rediga un ricorso per Cassazione nonostante non sia iscritto nell’Albo dei patrocinanti in Cassazione.
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che utilizzi, anche mediante deposito dello stesso agli atti del procedimento, un ricorso per cassazione con firma apocrifa del proprio cliente.
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che utilizzi una dichiarazione di nomina recante una sottoscrizione apocrifa del cliente, in realtà apposta dallo stesso professionista.
La sentenza penale irrevocabile di applicazione della pena su richiesta della parti ex art. 444 e ss. CPP va equiparata a sentenza di condanna ed esplica funzione di giudicato nel procedimento disciplinare quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità e alla responsabilità dell’incolpato.
Nella specie il professionista, nominato difensore di fiducia in un procedimento penale, si è reso infedele nei confronti della parte assistita non informandola sugli esiti dei vari gradi del giudizio, nonostante siano intervenute sentenze di condanna in primo ed in secondo grado, garantendo all’assistito stesso che il reato contestatogli sarebbe stato dichiarato prescritto, cosa non veritiera; non si presentava alle udienze delegando colleghi; proponendo ricorso in Cassazione, pur essendo privo di jus postulandi, predisponendo un ricorso con firma apocrifa dell’assistito ed una nomina ad altro difensore (abilitato davanti alle Magistrature Superiori), anche questa con firma apocrifa dell’assistito, senza informare il cliente che la condanna era divenuta definitiva ed inviando allo stesso nota spese comprensiva della fase di giudizio davanti alla Cassazione. Per tali fatti fu aperto anche procedimento penale nei confronti dell’incolpato per violazione degli artt. 380 e 481 CP conclusosi con sentenza ex art. 444 CPP.
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