Costituisce violazione dell’obbligo di evitare espressioni offensive o sconvenienti negli scritti in giudizio e nell’esercizio dell’attività professionale nei confronti di Colleghi, magistrati, controparti o terzi (art. 52 del Codice Deontologico vigente), l’aver utilizzato nei confronti della controparte e dei colleghi avversari nonché dei C.T.P., in memoria depositata in procedimento civile, espressioni offensive e sconvenienti, non funzionali alla difesa, che travalicano il diritto di critica e che vanno ben oltre a una ammissibile, accesa, dialettica.
Viola il disposto di cui all’art. 48, comma 1, del Codice Deontologico Forense, secondo il quale “L’avvocato non deve produrre, riportare in atti processuali o riferire in giudizio la corrispondenza intercorsa esclusivamente tra colleghi qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive e relative risposte.”, il comportamento tenuto dall’avvocato che ha depositato in procedimento civile una e-mail spedita dal patrono di controparte al precedente legale del suo cliente, e-mail espressamente qualificata “riservata e personale”.
Considerati il dato letterale della norma contenuta nell’art. 48 del CDF e l’applicazione che sin qui si è fatta della stessa, non rileva la circostanza che la e-mail non contenesse proposte transattive o risposte alle stesse.
Ai fini dell’applicazione della pena, ex art. 21 del Codice Deontologico Forense, occorre considerare l’assenza di precedenti disciplinari, oltreché apprezzare il comportamento complessivamente tenuto dell’incolpato, e, in particolare, la circostanza che quest’ultimo, ancor prima di esser venuto a conoscenza dell’esposto, si è scusato per la produzione della “riservata e personale” e ha chiesto poi al Giudice della causa, alla prima udienza utile, di non tenerne conto.
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